Come cane e gatto, [VM18] Jabura x Lucci

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Vegethia
view post Posted on 24/1/2017, 21:22 by: Vegethia
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The storm is approaching

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Rob Lucci

Era l'ultima cosa che si sarebbe aspettato di provare in un'anonima stanza d'ospedale, ma accadde davvero. Mentre Kaku gli sorrideva e Califa e Blueno mascheravano il senso di sollievo nel pudore e nel contegno; mentre Fukuro si scuciva la cerniera e Kumadori gridava al miracolo, ringraziando la madre defunta e venendo sovrastato prontamente da Jabura (che finì per fare più chiasso di tutti); Lucci si sentì a casa.
Era una sensazione che poche volte aveva provato ad Enies Lobby e in nessuna occasione a Water Seven, ma in quel momento gli parve chiaro che il posto in cui si trovava avesse poca importanza. Contava solo chi divideva la stanza con lui.

CITAZIONE
« Ma se è appena uscito dal coma… che diavolo ci fa già seduto? »

Evitò di rigirare la domanda e chiedere a Kaku che diavolo ci facesse alzato, con la pessima cera che aveva. Idem per Califa, che appariva pallida e stanca, due ombre scure sotto gli occhi che non ricordava di averle visto nemmeno dopo le lunghe notti trascorse a setacciare il palazzo di Iceburg, alla ricerca dei progetti dell'arma ancestrale.
Jabura abbaiava spesso a sproposito, considerò Lucci, ma aveva detto il vero sui due colleghi più giovani. Era lampante quanto fossero stati provati dai recenti avvenimenti.

CITAZIONE
« Porgo le felicitazioni dello staff del CP9 »

Lucci rimase chiuso nel silenzio, scrutando il volto della donna. Quasi non fece caso alle parole di Fukuro e al modo in cui venne zittito prima di poter completare la frase.
Spostò lo sguardo su Hattori e lo accarezzò distrattamente.
«Ex CP9.» Rettificò. «Dillo pure.»
Califa ammutolì. Gli occhietti di Fukuro guizzarono ad un angolo della stanza, rifuggendo ogni contatto visivo. Blueno strinse appena le labbra e fissò il pavimento. Kaku, dopo un attimo di sorpresa, si voltò scocciato verso Jabura incrociando le braccia sul petto. «Non potevi proprio aspettare a dirglielo, eh?»
«Ha aspettato anche troppo» lo apostrofò Lucci.
Non aveva bisogno di inutili premure.
Non sopportava che gli indorassero la pillola, che aspettassero il "momento opportuno" per comunicargli quanto fosse disastrosa la realtà dei fatti. La Marina non avrebbe aspettato; Spandam non avrebbe aspettato: Lucci se li immaginava già, pronti come gli sciacalli ad approfittare della loro debolezza, e non aveva la minima intenzione di farsi trovare impreparato.
Allora Califa si rassettò la montatura degli occhiali, recuperando il suo autocontrollo. «Volevamo parlartene insieme, non appena ti fossi svegliato.»
«La colpa è nostra» sospirò Kaku, lanciando a Jabura un'occhiata risentita. «Non avremmo dovuto lasciarlo con lui.»
«Non volevamo!» cantilenò Fukuro «Ma Jabura oggi si è rifiutato di fare il numero del lupetto che salta nel cerchio di fuoco. Si vergognava troppo! Chapapa!»
Lucci, che di solito non prestava attenzione ai frivoli pettegolezzi del collega, o quantomeno non si abbassava a commentarli, si ritrovò a domandare al lupetto: «E ti pagano pure, per assistere a questa scemenza?»
Kaku ridacchiò sotto il colletto della camicia. Blueno, nello stesso istante, confermò con un sorriso appena accennato: «Bambini e ragazzi lo adorano.»
«Nel solo pomeriggio di ieri ha guadagnato più di tutti» riferì puntale Califa.
Probabilmente tra poco Fukuro sarebbe stato pestato (e Kumadori avrebbe imbastito un casino per assumersi le sue colpe e pagarle con la vita), ma vedere i volti dei compagni di nuovo sereni... beh, non era male.

Poco dopo, l'infermiera in calze a rete ruppe l'atmosfera spensierata con una comunicazione.

CITAZIONE
« Non toccate e non cercate di sradicare i tentacoli vegetali che escono dalle prese elettriche e dalle prese d’aria. Segnalateli al personale. Stiamo provvedendo a chiamare degli specialisti. »

Una comunicazione strana e un po' sinistra, considerando il tono serio con cui era stata annunciata.
«Tentacoli vegetali...?» ripeté perplesso Kaku quando la donna scomparve di nuovo dietro la porta.
«Ne ho visto uno nella sala d'attesa, strisciava sotto il divano. Chapapa!»
Lucci ricordava di aver letto qualcosa, diversi anni prima, a proposito di fioriture straordinarie manifestatesi a San Popula alla fine della stagione invernale. "IL RISVEGLIO DELLA REGINA DI PRIMAVERA" o qualcosa del genere, recitava il titolo del giornale sulla scrivania del sindaco di Water Seven. Non ci aveva prestato molta attenzione allora, e anche adesso, mentre faticava a stare seduto sul letto, non gli pareva una questione così rilevante.
Forse avrebbe cambiato idea sapendo cosa si annidava dentro i condotti dell'aria, proprio in quel momento, sopra le loro teste.


L'unico del gruppo a tenergli compagnia oltre l'orario delle visite fu Hattori. Lucci chiese ad un'infermiera del turno di notte di lasciare socchiusa la finestra -anche se nella stanza si gelava- per consentire al colombo di sgattaiolare dentro e dormire con lui.
Dal giorno successivo non ebbe più bisogno di chiedere: arrivò alla finestra con le sue gambe. Un po' a fatica, talvolta dovendosi appoggiare alla spalliera della sedia o alla piccola scrivania di fianco al letto, Lucci camminava fino alle tende, le scostava e apriva ad Hattori ogni volta che ne aveva occasione, dopo il passaggio di routine dei medici e delle infermiere. La mattina del secondo giorno fu ancora più veloce nel farlo, zoppicando sempre meno; e la sera riuscì a scrollarsi di dosso ogni residuo di polvere che si trascinava da Enies Lobby, sotto la doccia.
Le infermiere che si occuparono di rifargli le medicazioni erano strabiliate dalla sua ripresa e concordi nel ritenere prossime le sue dimissioni. Un'altra settimana al massimo, dicevano. Ma quando, diverse ore più tardi, delle grida si levarono dai corridoi, risalendo la tromba delle scale e squarciando il silenzio dell'intero reparto, Lucci capì che la sua permanenza all'ospedale di San Popula era destinata a concludersi molto prima.

«Bisogna evacuare l'intero piano, sbrigatevi!!»
«Ma signore...! Molti pazienti non sono ancora in grado di muoversi!»
«Portateli giù sulle barelle!»
«L'ascensore è fuori uso, dottore, i tentacoli hanno invaso l'abitacolo!»
«...E le scale tra poco saranno inagibi...AHH!!»
«NON AVVICINATEVI ALLE FINESTRE!! Maledizione, quante volte devo ripeterlo?!»

Lucci scattò a sedere nel buio della sua stanza. Quasi si aspettava di trovare Kumadori inginocchiato al suo capezzale a invocare i santi e sua madre, e invece le urla appartenevano proprio a dottori e infermieri.
Che diavolo di problemi avevano, là fuori?
Hattori tubò spaventato, indicando la finestra. Regnava la penombra, eppure sembrava che all'esterno il sole fosse già sorto.
Lucci consultò le lancette dell'orologio a muro, gli occhi che brillavano come quelli di un gatto. Le sei del mattino: qualcosa non tornava.
Si alzò dal letto e andò alla finestra per accorgersi che effettivamente qualche raggio di luce trapelava; tutto il resto veniva ostacolato dalle foglie, dai rovi e dai grotteschi tentacoli verdi che strisciavano come serpenti sulla facciata dell'ospedale.
«Signor Rob!» proruppe la corpulenta infermiera dai tacchi a spillo, spalancando la porta della camera. Imbracciava un'ascia di emergenza e, coi capelli arruffati e le calze smagliate, sembrava reduce di un corso di sopravvivenza intensivo. «Per fortuna è ancora intero!»
«Che sta succedendo?» chiese Lucci, interdetto da quelle parole ma non realmente preoccupato.
«La Regina di Primavera... s'è destata» rispose lei in un sussurro greve, raddrizzandosi sul naso gli occhialini che avevano perso una lente. «Speravamo che non fosse così, del resto siamo ancora in pieno inverno, ma non si può mai sapere quando...»
Un grido di terrore alle sue spalle la interruppe. Lucci scorse un tentacolo saettare sul pavimento del corridoio e un attimo dopo ricomparire, trascinando il corpo di un infermiere urlante per una caviglia.
«Resisti caro!» gli urlò dietro la collega. Impugnò saldamente l'arma e si rivolse nuovamente a Lucci «Devo andare! Faccia presto, Rob, scenda al piano terra finché le scale sono agibili, stiamo evacuando l'edificio! E stia attento ai boccioli rossi: sputano aculei velenosi!»
Lucci l'ascoltò borbottare ancora, mentre andava via: «E credono di averli a Water Seven, i problemi, con qualche goccetta d'acqua!»
Forse si riferiva all'Acqua Laguna.
Si pentì di non aver letto meglio l'articolo sul giornale di Iceburg, quella volta di tanto tempo addietro. E di non aver segnalato al personale i maledetti tentacoli che fino al giorno prima sbucavano placidi e innocui dal bocchettone per il ricircolo dell'aria, e che ora... ora tentavano di stritolare Hattori.
«Rankyaku.»
Gli partì in automatico: debole, impreciso, doloroso soprattutto. Ma riuscì a tranciare l'estremità del tentacolo e a liberare il piccione, che atterrò tremante vicino alla finestra.
«Devi uscire di qui» ordinò Lucci, arrancando verso il davanzale.
Hattori protestò, come a dire che sarebbe stato più attento, che non voleva lasciarlo lì nel bel mezzo di un'emergenza.
Ma Lucci non voleva sentire storie. «Devi tornare dagli altri, subito.»
In effetti, si chiese come se la stessero passando i compagni. Quel problema poteva riguardare tutta la città, non solo l'ospedale.
Infilò le mani nel groviglio di foglie e rovi che barricavano la finestra e fece forza per districarli. Bastava un piccolo spazio a far passare Hattori, ma la Regina di Primavera, o qualunque cosa fosse la creatura tentacolare, non gradì le sue maniere e drizzò letteralmente le spine, conficcandogliele nei palmi.
Il colombo si agitò e indietreggiò preoccupato; Lucci però non si ritrasse, al contrario, forzò ancora di più per allargare il passaggio.
«Vai! Conto su di te.»
A quelle quattro parole magiche, Hattori smise di tremare. S'impettì, tubò con determinazione e oltrepassò i rovi, sporcandosi di sangue contro le mani di Lucci e spiccando il volo all'esterno, nell'aria frizzante del mattino. Solo allora l'ex leader del CP9 si allontanò dalla finestra e abbandonò la stanza di degenza.
Aprirsi una via di fuga senza poter contare sulle sue Rokushiki non si preannunciava tanto semplice.
 
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