Come cane e gatto, [VM18] Jabura x Lucci

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Vegethia
view post Posted on 13/1/2017, 21:25 by: Vegethia
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The storm is approaching

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Rob Lucci

Un brivido di rabbia gli attraversò la schiena non appena Jabura cominciò a ringhiargli ad un palmo dal naso.
Lucci digrignò i denti, i pugni stretti e formicolanti sulle ginocchia.
Come osava, quel bastardo d'un cane, venirgli a fare la predica?
Solo perché era costretto a letto, pensava di potersi prendere la libertà di usare quel tono con lui?
Cinque anni trascorsi lontano dai pestaggi, a fare il signore al Palazzo di Giustizia, dovevano avergli fatto montare la testa. Ma lo avrebbe riportato coi piedi per terra molto volentieri.
Hattori intuì subito le sue intenzioni. Gli saltò in grembo, agitò le ali per dissuaderlo dal compiere movimenti bruschi e tubò arrabbiato verso Jabura. In assenza del resto del gruppo, toccava a lui scongiurare la rissa (ammesso che il suo padrone fosse riuscito a iniziarla).
Lucci ignorò le proteste del piccione, ma la sua collera fu stemperata proprio dal racconto dell'ex collega, dalla verità sbattutagli in faccia in tutta schiettezza.
Ripensò a poco prima, quando Jabura aveva detto che erano ricercati.
In quel momento aveva creduto di non poter cadere più in basso. Una volta che aveva perso il lavoro di una vita, che era stato tradito da un verme come Spandam, niente avrebbe potuto ferire di più il suo orgoglio.
Si sbagliava.
Ripensare alla sconfitta contro Cappello di Paglia, realizzare che le sue tecniche non erano state all'altezza dell'avversario, che per la prima volta era stato lui, il debole: ognuna di quelle prese di coscienza era una lama che continuava a infierire dall'interno. E Lucci sapeva, anche senza morfina in circolo, che quelle ferite invisibili avrebbero bruciato molto di più e molto più a lungo di qualsiasi altra ben in vista sul suo corpo.

CITAZIONE
« Non abbiamo avuto scelta. Non eri un bello spettacolo, quando sei arrivato qua. » ghignò un po’, risollevando il morale duro di quel predicozzo. « In realtà non lo sei mai stato, diciamo che eri peggio del solito. »

Eppure non riuscì a rinfacciare al bastardo che un'altra scelta l'avevano avuta eccome. Anzi, avevano volutamente scartato la strada più sicura e razionale per impelagarsi in una missione di salvataggio.
Lucci non comprendeva appieno quel gesto, ma era grato di essere vivo.
Vivo per rimediare all'errore. Vivo per migliorarsi, per prendersi la sua personale vendetta su Spandam e saldare i conti con Monkey D. Rufy.
Vivo anche per restituire a lui e agli altri un impiego degno di questo nome. Per menare Jabura e spegnergli quell'odioso ghigno dalla faccia, non appena ne avesse riavuto la facoltà.

CITAZIONE
« Rimettiti steso, non impressioni nessuno. [...] E vedi di mostrare un minimo di riconoscimento agli altri. Soprattutto a quell'idiota di Kaku e a quella santa donna di Califa, che ha fatto da ragioniere con i nostri spiccioli e non riesce a chiudere occhio tra te che fai il bell'addormentato e il timore che venga a prenderci la Marina.

«Non dirmi cosa devo fare, cane» sibilò, sostenendo lo sguardo di sfida del lupo e seguendolo mentre si allontanava da lui.
Il dolore alla testa, in quella posizione, era tale da dargli la nausea, ma restare seduto con la schiena dritta rappresentava una questione di principio, a quel punto.
E poi voleva uscire dall'ospedale sulle sue gambe il prima possibile. La convalescenza poteva farla altrove, senza gravare su nessuno, lasciando a Kaku i soldi per pagarsi le cure e dando a Califa una preoccupazione in meno.

In perfetto tempismo con quegli ultimi pensieri, Lucci udì un vocio concitato provenire dal corridoio.

«Volete abbassare la voce? Se l'infermiera scopre che siamo saliti tutti insieme, ci farà buttare fuori!»
«AH! DEPLOREVOLE, IGNOBILE INGIUSTIZIA!!»
«Sono le politiche dell'ospedale...»
«Indecenti come molestie sessuali.»
«Chapapa! Jabura ha detto che sono delle politiche del caz-»
«Sappiamo che cosa ne pensa lui! Ora, possiamo entrare in silenzio, per favore?»
 
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