Come cane e gatto, [VM18] Jabura x Lucci

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Vegethia
view post Posted on 4/1/2017, 21:29 by: Vegethia
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The storm is approaching

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Rob Lucci

CITAZIONE
« E pensa, tu sei anche stato licenziato dal tuo capo, Iceburg. »

«Non era veramente il mio capo» puntualizzò con asprezza.
Ma inutile negare a sé stesso che quella notizia era la maledetta ciliegina sulla torta.
Non solo erano stati sconfitti da un pugno di mocciosi, non solo avevano perso i progetti di Pluton dopo cinque lunghi anni di sacrifici e l'isola giudiziaria era stata rasa al suolo inutilmente: se Iceburg era sopravvissuto (e stava abbastanza bene da mandargliele a dire) persino l'occultamento delle prove era stato un buco nell'acqua. Un fallimento su tutta la linea.
Lo sguardo di Lucci s'incupì, inchiodato al soffitto come se vi fossero stati appena proiettati gli ultimi momenti della sua carriera nel CP9 e ora non vi rimanesse che una singola, gigantesca domanda a fare da titolo di coda.
Se erano licenziati, che diavolo ci faceva lui lì? Ancora sveglio, ancora vivo, nonostante avesse perso tutto e nulla gli fosse dovuto.
All'improvviso la storia di Kaku che rifiutava le cure "per non togliere soldi a lui" acquistò un significato, almeno ipotetico, e Lucci trovò ancora più insopportabile la sua condizione.
Jabura lo riportò al presente chiamando un'infermiera dal corridoio. Un attimo dopo lo vide cimentarsi nel maldestro tentativo di buttare fuori Hattori a cui, a quanto pareva, non era permesso stare nella sua stanza.
Il cane idiota sì; Hattori no: un altro segno che il mondo sembrava aver cominciato a girare al contrario.

CITAZIONE
« Non mi interessa! Dai! Fuori! »

Per tutta risposta, sentì il piccione rannicchiarsi ostinato tra i suoi capelli.
«È inutile...» fece Lucci, infastidito tanto dai modi quanto dagli schiamazzi del lupastro. «Non prende ordini dagli stupidi.»
L'ingresso dell'infermiera troncò il battibecco sul nascere. La donna non notò che Jabura tratteneva Hattori dietro la schiena (Lucci sì, e la cosa non gli piaceva per niente), gli si avvicinò, lo salutò e prese subito a misurargli la pressione.
Dal suo sorriso e dal fatto che l'avesse chiamato per nome, Lucci ebbe la conferma di non trovarsi a Water Seven, dove la sua vera identità, assieme a quelle di Kaku, Califa e Blueno, sarebbe stata presto divulgata. Sempre che non fosse già accaduto: non sapeva quanto tempo era rimasto in coma.
In effetti, la mancanza d'informazioni cominciava a urtarlo. Non sapeva dove si trovava, non sapeva che giorno era, perché era vivo, cosa fosse accaduto agli altri per aver deciso di lasciarlo con Jabura. Quello scemo che, a parte lagnarsi e lamentarsi, non lo aveva messo al corrente di niente.

CITAZIONE
« Ha detto qualcosa? L'ha riconosciuta? »
« Non saprei… Ha farfugliato cose senza senso! »

...E osava persino prendersi gioco di lui!
Farfuglierai tu cose senza senso, quando avrò finito con te, pensò Lucci scoccandogli un'occhiata truce. Ci sarebbe voluto ancora un po' prima di esserne davvero in grado, ma se c'era una cosa che la missione nella metropoli dell'acqua gli aveva insegnato, era saper aspettare.
Quando l'infermiera uscì, Jabura esplose in un'altra imprecazione a volume esagerato per i suoi timpani e Hattori tornò a posarglisi accanto con le piume arruffate e il cravattino spiegazzato.
Lucci trafisse il collega, ex collega, con un'altra occhiataccia. Avrebbe pagato gli interessi anche per quello.

CITAZIONE
« Mi tocca pure farti la guardia, adesso. »

«Dovrebbe venire naturale a un cane come te» commentò tagliente, mentre accarezzava con l'indice Hattori, che nel frattempo aveva zampettato fino alla sua mano.

Poco dopo, i passi di due persone si avvicinarono alla camera.
Una delle due doveva essere il primario dell'ospedale, a giudicare dalla voce maschile e dai commenti inerenti a dati di una cartella clinica; l'altra avanzava con uno scalpiccio di tacchi a spillo, sebbene la pesantezza del passo lasciasse pensare a tutto tranne che a una donna.
Lucci convinse Hattori ad aspettare fuori fino alla fine della visita, ma il piccione non andò oltre il davanzale esterno della finestra, restando a guardare attraverso il vetro ora lui, ora Jabura, con apprensione.
«Buongiorno, signor Rob.»
Il primario era un uomo corpulento, quasi senza collo, con un naso più schiacciato di quello di Kumadori e una voluminosa capigliatura afro a fargli guadagnare centimetri in altezza. Teneva una cartella in mano, penne e termometri infilati nelle tasche del camice, e sembrava sinceramente colpito di trovarlo sveglio.
L'infermiera al suo seguito, a parte il diverso taglio di capelli, le cosce costrette nei reggicalze a rete e i labbroni sporgenti lucidi di rossetto, non aveva una corporatura molto diversa.
«Ha notato segni di lucidità?» chiese il medico a Jabura, sfilandosi una penna di tasca. Lucci non fece in tempo a comunicare che sì, era sveglio e vigile, che quello cominciò a sventolargli l'oggetto davanti alla faccia perché lo seguisse con gli occhi. «Sembrerebbe cosciente...»
«Lo sono» lo informò in tono asciutto.
«Oh, è meraviglioso! ♥» squillò emozionata l'infermiera, prendendo una mano di Jabura tra le sue e portandosela al petto «Le sue preghiere sono state ascoltate, caro! Suo fratello ha superato il peggio!!»
Lucci sussultò come se avesse appena preso la scossa. Sollevò la testa di qualche centimetro, anche se le tempie minacciarono di scoppiargli: «...Fratello?»
«Non lo riconosce?» lo interrogò il medico con un'espressione seria. Lucci se lo vide già a iniettargli qualche altra schifezza per endovena.
Si rilassò sul cuscino e guardò di nuovo Jabura, gli occhi ridotti a due fessure. «Certo che lo conosco.»
Abbastanza da sapere che non aveva alcun grado di parentela con lui e che la sola idea di avercelo, anche solo per finta, era un oltraggio alla sua persona.
 
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