PeronaDopo quel tofo, si separò dal suo corpo, volando eterea sulla foresta di pini, verso nord probabilmente. Verso una parte di isola scoperta da quei tetri e sommi pini. Con lei, due fantasmi.
"Chissà, allora qualcun altro è stato mandato qui oltre a me. Non sono più sola!" Pensò entusiasta Perona.
"Speriamo sia anche carino.. Ma forse chiedo troppo!"Una nube di fumo circondava ancora la zona; Doveva essere stato un bel attrito!
Quando esso si diradò, la aspettò una bella sorpresa.
Ci mise un po' a realizzare, con una faccia confusa e spaventata allo stesso tempo dipinta sul volto. Era sporco di sangue. A torace scoperto. Tre spade, capelli verdi.. Non poteva essere!
Era lui, non c'era dubbio. Quello spadaccino che aveva perso contro di lei a Thriller Bark, un della ciurma di Cappello di Paglia. Non c'era più ombra di dubbio. La principessa riconobbe quella fossa.
Era altrettanto chiaro che fosse stato scaraventato lì proprio da Kuma, esattamente come era successo a lei. Ghignò.
Rimase a mezz'aria, a guardarlo con aria di superiorità, ghignando felice per le sue mal condizioni.
"
Kuma l'ha proprio conciato per le feste! Chissà se è ancora vivo!" Dicendo così si avvicinò con lo sguardo. Lui si mosse, probabilmente sofferente per le ferite. "
Argh!" Esclamò stupita.
È ancora vivo con tutte quelle ferite!? ringhiò incredula. Era decisamente malmesso, forse vivo per miracolo. Non le importava. Era un modo per vendicarsi della sua scofitta contro Usopp, e quindi contro la ciurma di Cappello di Paglia. "
Ben ti sta!" Disse volando nuovamente verso il castello.
Passò all'incirca mezz'oretta. Perona stava seduta con il broncio su una sedia. Chiuse con un gesto secco un libro. "
Non voglio stare sola." Sospirò. "
E chissà se quelo spadaccino è ancora vivo." Continuò guardando fuori dalla finestra. "
Vado a dargli un'occhiata, solo un 'occhiata e basta. Giusto per godermi un po' la scena." disse incamminandosi verso il punto in cui lo spadaccino era atterrato. Non resistette però.
Se lui moriva, equivaleva a dire di rimanere sola. Di nuovo. E magari stavolta non sardebbe più giunto nessuno dal cielo, come un miracolo, un dono di una mano divina o benevola.
Lo caricò sulle spalle, per quanto pesante fosse per lei. A passo pesante e affaticato, raggiuse nuovamente il castello. Sembrava fosse vivo. Lo sperava.
Lo stese su un letto. Trovò un kit di emergenza e lo fasciò completamente, tamponando prima le sue ferite e medicandolo con cura. Bagnò un fazzoletto e glielo posò sulla fronte. Fuori il buio già calava, invadendo la foresta, la terra arida intorno al casello e le stanze dentro esso.
Non si sentiva sicura a lasciarlo solo. Aveva preso le sue spade e messe in una stanza, insieme alla maglietta strappata e sporca. Qualora avesse avuto bisogno sarebbe stata lì. Prese una sedia e si sedette. Piegò in avanti la testa.
Aveva fatto la cosa giusta o meno?
Forse sì.. Forse no?
Probabile. Ma tanto valeva averlo fatto. Infondo non voleva stare ulteriormente sola, assolutamente no! Solo il futuro avrebbe portato risposta.
Tormentarsi con pensieri sul fatto di aver fatto una cosa giusta o meno, non era il caso. Infondo era stanca. Non era abiutata a tali sforzi.
Sentiva le palpebre appesantirsi. E cadette nel sonno, libera nel mondo dei sogni.