Portgas D. AceSi tirò le gambe vicino al petto circondandole con le braccia, così da appoggiarci il mento, tanto a cosa sarebbe servito allontanarsi? Gli sembrava che alcun luogo di quella nave gli potesse permettere di stare da solo in tranquillità.
Con la coda dell'occhio guardò Marco e rimase in silenzio, ascoltando le sue parole
CITAZIONE
"Quindi rispondi tu alla domanda: perché non dovremo volerti a bordo?"
A quella domanda inaspettata, ebbe un lieve sussulto e puntò lo sguardo sul pavimento in legno. Già, come mai non avrebbero dovuto volerlo a bordo? Lui lo sapeva perfettamente, erano gli altri a non saperlo.
"Perché sono Ace. Tutto qui."
Portò le mani sul pavimento e si diede una leggera spinta per mettersi in piedi, poi alzò lo sguardo sull'oceano per alcuni istanti, infine diede le spalle al comandante, pronto ad allontanarsi.
"Non ho intenzione di unirmi a voi e non capisco come mai voi non vogliate capirlo, non ho bisogno delle vostre gentilezze né tantomeno del vostro bene. Ho già la mia ciurma e la mia famiglia, non ho bisogno di trovarne un'altra, e inoltre l'ultima cosa di cui ho bisogno è un padre. Il mio mi ha già rovinato abbastanza l'esistenza."
Adesso, a parlare con Marco, la rabbia iniziale aveva lasciato spazio ad un'improvvisa nostalgia. Nostalgia di tutto: di Foosha, di suo fratello Rufy, della comprensione che sapeva avere Sabo, prima della sua morte, e, perché no, anche un po' di Dadan. Tutta quella situazione ri-spolverava una tristezza che aveva sperato di aver dimenticato, aggiungendo nuovi sentimenti. Amarezza per non aver saputo proteggere la sua ciurma, finita su quella nave assieme a lui, rabbia per non riuscire nemmeno a pensare ad un buon metodo per far fuori Barbabianca, ed infine fastidio. Un fastidio enorme verso chiunque cercasse di attaccar bottone con lui, la
novità del momento, il ragazzino che si illude di poter sconfiggere Barbabianca, ci mancava che qualcuno si mettesse a seguirlo con fare petulante ed avrebbe potuto sopperire alla mancanza di Rufy.
Sentiva il bisogno di una presenza amica in mezzo a quella ciurma nemica.
Nemica perché lo vuoi tu.Si sentì mormorare da una vocina maligna, nella propria testa, ed era vero. Alla fine dei conti, era
lui che li allontanava, era
lui a rifiutare ogni gentilezza ed era sempre
lui a dimostrarsi ostile. Era, dunque, colpa
sua, ancora una volta il suo comportamento era dettato da ciò che si era abituato a ricevere, perché quando si viene cresciuti in mezzo al disprezzo generale, eccezion fatta per due o tre persone, si arrivava ad odiare sé stessi ancor più del resto del mondo, e lui, in quanto figlio di Roger, non meritava le gentilezze che gli venivano offerte. Lui non meritava niente di positivo, ed era maledettamente sicuro che sarebbe stato cacciato se avessero saputo la verità, quei pirati di Barbabianca. Non voleva affezionarsi, illudersi, tutto qui.
Allora vattene.Gli sussurrò questa volta quella vocina che solo lui, nella sua testa, poteva sentire, ma non poteva ascoltarla ed abbandonare lì la sua ciurma. Doveva far fuori l'Imperatore Bianco e doveva farlo in fretta. Lui non...
poteva accettare un padre. Proprio non ci riusciva.