Rob LucciConvenne che non c'era da fidarsi di quei tre impiastri, c'era solo da sperare che nessun animale commestibile sull'isola fosse tossico o velenoso.
Poi Kaku lo raggiunse sotto la doccia e Lucci percepì distintamente dell'imbarazzo. All'inizio, nel modo in cui il suo sguardo vagò per la stanza, dopo, nella velocità con cui lo ritrasse dal suo corpo, assieme alla mano.
Gli prese il mento tra il pollice e l'indice e riportò a sé i suoi occhi. Per un lungo istante, Lucci rimase a guardare Kaku senza dire nulla.
Non voleva che si scusasse. Non ne aveva motivo e non ne avrebbe mai avuto, finché si appartenevano.
Scelse di dirglielo come gli veniva più naturale: in silenzio, baciandolo con tocchi leggeri, intervallati da piccole pause. Mentre le labbra articolavano quel discorso segreto, Lucci fece scivolare le mani lungo le braccia del compagno, finché non trovò le sue, di mani. Le prese e se le adagiò sul corpo, nel punto in cui Kaku l'aveva toccato prima di ritrarsi.
Gli piaceva sentirle addosso. Gli piaceva avere addosso l'odore, i segni, persino i morsi dell'altro, nonostante i grattacapi con certi idioti dalla bocca troppo larga. Erano la testimonianza che le cose belle, inaspettatamente, capitavano anche a quelli come lui.
Quando credette di aver dissolto le incertezze di Kaku, Lucci aprì l'erogatore dell'acqua, che uscì subito tiepida e bagnò loro i capelli e le spalle.
Rabbrividì un poco. Inutile, non poteva evitarlo. E non aveva nessuna importanza che fosse fredda o calda: dal giorno in cui aveva mangiato il Felis Felis, il suo primo impatto con l'acqua era sempre repellente. Sperò che Kaku non ci badasse, o che attribuisse quel brivido a qualcos'altro (il che era del tutto plausibile, vista la situazione).
Poi lo sentì, o gli parve di sentirlo: un rumore, oltre lo scroscio dell'acqua sulle ante. Fermò le mani (nel frattempo scese ad accarezzare, molto casualmente, il fondoschiena di Kaku) e anche la lingua.
«Hai sentito...?»
Califa capì che qualcosa lì dentro non quadrava, ancor prima di accorgersi del rumore dell'acqua aperta nel bagno. Gli indumenti erano sparsi sul pavimento come se qualcuno avesse avuto una gran fretta di disfarsene.
Mosse un passo avanti, incerta. La porta del bagno era solo socchiusa.
«Lucci?»
«Puuuur!»
Il richiamo del piccione la fece voltare, ma l'occhio le cadde su un altro particolare, l'unico accessorio presente sopra la trapunta del letto sfatto: un berretto. Il berretto di Kaku. Già, c'erano anche i suoi vestiti per terra, assieme a quelli di Lucci...
Califa si sentì mortificare. La valigia le sfuggì di mano, cadendo a terra con un tonfo ben udibile.
«Acc...!» Si affrettò a raccoglierla, ma capì che era troppo tardi per andarsene facendo finta di nulla: l'acqua si era appena fermata. L'avevano sentita.
Lucci giurò a sé stesso che se il brutto muso di Jabura fosse sbucato dalla porta per sorprenderli nudi dentro la doccia, quel brutto muso non avrebbe visto nient'altro nella sua misera e irritante esistenza.
Con l'indice premuto contro il naso, fece segno a Kaku di restare in silenzio. Magari era solo Fukuro, o Kumadori: entrambi troppo tardi per capire che c'era qualcun altro nella stanza con lui. O magari era uno dei bambini venuti a curiosare...
Poi, finalmente, l'intruso ruppe il silenzio, parlando a voce abbastanza alta da farsi sentire restando nella stanza.
«Lucci, sono io. Sono venuta a lasciarti dei vestiti nuovi.»
Una voce femminile. Perfetto: tra tanti idioti di sesso maschile, li aveva (quasi) colti sul fatto l'unica donna presente sull'isola!
«Sì. D'accordo.» Lucci tentò di dare una parvenza di compostezza alla sua voce.
Attese di udire Califa che usciva, richiudendosi la porta alle spalle. Invece, dopo alcuni secondi di imbarazzato silenzio, le sentì aggiungere:
«Lascio qui anche i tuoi, Kaku.»
Credevi di farla franca, giraffolo? xD
Edited by Vegethia - 26/5/2016, 00:24