[NSFW] Les enfants qui s'aiment, ZoroxRobin

« Older   Newer »
  Share  
Sanji 94
view post Posted on 9/10/2011, 15:59




Con il titolo di una celeberrima poesia di Jacques Prevert ecco il prequel di "Il matrimonio è sicuramente il giorno più bello della vita".
E' da una vita che dovevo finirlo e finalmente questo momento e giunto.
ZoRobin rules!
Ormai amo scrivere su di loro.
Buona lettura!

P.S.
Dedico questa storia a tensai, visto che gliela dovevo essendo stata lei stessa a darmi lo spunto per questo lavoro.
Thanks tensai ^^



LES ENFANTS QUI S'AIMENT



L’elegante calesse percorreva la strada di campagna che si diramava attraverso i querceti che delimitavano le proprietà dei ricchi signori del luogo.
Il caldo sole estivo scivolava sulle falde del cappello di seta della giovane che, seduta sul sedile posteriore, leggeva incantata un libro che stringeva avidamente tra le mani. L’aria tiepida lambiva le sue guance in una pregevole carezza.
Percorsero ancora diversi chilometri fino a raggiungere una lussuosissima tenuta che si stagliava tra i filari di piante ordinati dietro all’edificio, incorniciando i possedimenti di campagna della sua famiglia.
Richiuse il libro con eleganza e lo posò con delicatezza sul sedile vicino a dove era seduta lei, ringraziò il cocchiere e scese dalla carrozza di lucido ebano; socchiuse appena gli occhi quando alzò la testa per guardare la sua nuova casa estiva, la luce era filtrata sotto l’ombra creata dal suo cappello per poter proteggere i suoi occhi di un azzurro splendente. Respirò a pieni polmoni l’aria profumata di mele e di fresco e si diresse verso l’uscio attraversando l’ampio giardino in un frusciare di seta che richiamò il suo adorato cane, che le corse incontro scodinzolando come un forsennato per farle le feste.
Si piegò facendo scorrere le mani attorno alla mandibola dell’animale e con un gesto preciso e ben congegnato sfregò con dolcezza dietro le sue orecchie, soggiogandolo a quel tocco gratificante.
Con una mano scompigliò il pelo candido che ornava la fronte del cane e dopo essersi lisciata la gonna di seta color cipria continuò la sua lenta camminata verso la dimora, pregustandosi ad ogni passo il gusto austero dell’edifico: le colonnine di marmo che ornavano il portico e che sorreggevano le volte delle finestre, gli infissi tondeggianti che parevano occhi scrutatori.
Adorava tutto di quella nuova casa, l’unica cosa che non riusciva proprio a sopportare era chi l’avesse comprata: suo padre.
Superò gli ampi gradini dell’ingresso e appena la sua sagoma fu visibile oltre i vetri della doppia porta, un maggiordomo fece la riverenza e spalancò l’anta per farla entrare; non prestò molta attenzione a quel gesto, aveva sempre sopportato poco le formalità con cui era cresciuta: donne che dopo ogni bagno le asciugavano i capelli e glieli pettinavano, trasformavano la sua fluente chioma corvina in una matassa di boccoli bruni, insegnanti che la sottoponevano quotidianamente lezioni private togliendole la gioia di poter godere di quei momenti di studio con gli altri bambini.
«Robin!» la voce grave di suo padre riecheggiò nel salone d’ingresso, giungendo sgradevolmente alle sue orecchie.
«Ben trovato, padre!» pur odiandolo doveva far viso a cattivo gioco, così le avevano sempre insegnato: assecondare il volere di un uomo.
Fin da piccola aveva dimostrato un’indole opposta, ribelle e senza remore, era molto intelligente rispetto ai suoi coetanei e aveva elaborato la capacità di tessere trame per fuggire da qualsiasi situazione spiacevole. Questa era una di quelle.
«Hai fatto buon viaggio, tesoro?» il tono con cui le si era rivolto era talmente cordiale da farle quasi scordare l’ostilità che intercorreva da una vita tra loro.
Annuì con un sorriso palesemente falso.
Suo padre rimase a fissarla senza proferir parola; ogni tanto la scambiava per la sua compianta madre tanta era la somiglianza che le accomunava, l’unica differenza erano i capelli, mentre quelli della madre erano stati di un bianco innaturale i suoi erano talmente scuri da avere riflessi blu.
Sfilò i guanti dalle mani preferendo il silenzio alle false parole.
«Ho organizzato una festa per onorare l’inizio della stagione estiva. Si terrà tra una settimana, da domani inizieranno i preparativi»
«Che splendore! Sapete padre, ho bisogno di partecipare ad una festa, spero abbiate invitato anche qualche buon partito».
Di certo il padre aveva invitato i rampolli delle famiglie più in vista, doveva darla in moglie a qualcuno di prestigioso essendo lui un ambasciatore e il proprietario delle prime industrie che avevano messo piede nelle nuove colonie. Robin non sopportava nessuno di quei damerini con i loro modi perfetti e le loro corti smielati; il peggiore si chiamava Sanji, biondo e dalla bellezza mozzafiato, un pregio che era pari al suo essere palesemente idiota.
«Ma certo, cara. Sceglierai finalmente l’uomo adatto per te e farai felice il tuo vecchio?» si avvicinò a grandi e lente falcate, la afferrò per le spalle e la strinse in una presa salda e vigorosa.
Robin scrollò le spalle liberandosi da quella presa con aria disgustata.
«Sapete già come la penso, smettiamola con questa farsa!»
Arretrò di un passo e con un inchino intriso di scherno salutò il padre salendo le ampie scale di marmo che portavano al piano superiore dove si trovavano le stanze.
Superò l’ultimo gradino e respirò l’aria profumata del piano notturno, lo sguardo che scrutava l’infinito corridoio davanti a lei soffermandosi sulle piastrelle nere e bianche del pavimento, che lei aveva scelto insieme alla madre quando ancora era una bambina.
Afferrò con le mani i lati dell’ampia gonna, imprecando mentalmente contro la pomposa moda dell’epoca che pian piano andava scemando verso la ricerca di qualcosa di altrettanto elegante, ma più pratico, si mise a correre come una forsennata verso la porta della sua camera, quella più in fondo al corridoio.
Entrò nella stanza chiudendosi di porta alle spalle con impeto ignorando gli sguardi interrogativi che le domestiche le lanciavano. Si appoggiò al muro respirando ampiamente tentando di mantenere la calma e la lucidità, si sedette alla sottile scrivania che riempiva un angolo della sua camera e dopo aver estratto un foglio iniziò a vergare una lettera indirizzata alla propria madre. Aveva sempre fatto così quando sentiva il bisogno di sfogarsi, scriveva lettere alla madre e poi le inseriva tutte insieme in una cassapanca che aveva a casa.
Scrisse per ore alla madre scomparsa, mentre tratteneva le lacrime e si mordeva le labbra per il rancore del padre, ma non doveva cedere, non doveva mostrarsi debole né a lui né a se stessa.

I giorni successivi passarono relativamente tranquilli, il padre era spesso fuori casa e lei passava la maggior parte del tempo leggendo i suoi amati libri in veranda, mangiando squisiti pasticcini e dolci di ogni tipo che le cuoche preparavano apposta, nonostante lei preferiva dividerli con loro, sorseggiando un delicato succo di pesche.
E fu proprio durante una delle sua amate merende all’ombra di un alto faggio che manteneva l’aria più fresca con le sue fronde, che chiuse il libro in grembo e prese ad osservare il lavoro del giardiniere.
Non aveva mai prestato troppa attenzione a quel ragazzo, forse perché i suoi capelli di un verde brillante si confondevano alla perfezione tra i cespugli, ma quella volta la sua attenzione ricadde sulla sua schiena abbronzata, dove i muscoli guizzavano sotto la pelle abbrustolita dal sole.
Depositò li libro al suo fianco e facendosi coraggio di alzò, si sistemò gli abiti in modo tale che non risultassero schiacciati dove si era seduta e legò il cappello di seta con il nastro blu; si avvicinò al ragazzo, che non le presto attenzione e continuava a recidere i rami ribelli di un cespuglio che avrebbe presto preso la forma di un imponente castrone.
«Salve» mormorò quel saluto con un ampio sorriso mentre reclinava la testa cercando di attirare la sua attenzione.
Il ragazzo fermò il suo lavoro certosino e sbuffò «Se c’è qualcosa che non vi piace diete melo subito, altrimenti dovrò iniziare da capo il lavoro».
«Oh no, è assolutamente perfetto! Siete abilissimo con le cesoie, sono davvero compiaciuta. Ero venuta solo per complimentarmi con voi».
Non era una ragazza di molte parole Robin, e quella volta si stupì di come fosse stata tanto eloquente.
Gli occhi del ragazzo s’illuminarono a quel complimento e un insolito rossore imporporò le sue guance, ma fortunatamente il colore ambrato della sua pelle impediva il visibile imbarazzo.
«Grazie» mormorò quella parola senza alcuna inflessione, cercando di mantenere il tono più neutro possibile per non mostrare le sue emozioni.
«Come vi chiamate?»
«Zoro» pronunciò il suo nome con un inchino.
Robin sorrise.
«Allora Zoro, domani sarei lieta che voi faceste merenda con me, le cuoche preparano sempre una quantità esagerata di dolciumi e vorrei riuscire ad entrare negli abiti per la festa» si portò una mano alla bocca per reprimere una risata.
Il ragazzo si inchinò di nuovo «Come desiderate, mia signora».

Fu così che dal giorno successivo alla loro breve chiacchierata, mentre il resto dei domestici era impegnato nell’allestimento del padiglione esterno che avrebbe ospitato la festa e della sala da ballo interna, Robin e Zoro facevano merenda tutti i giorni insieme, raccontandosi a vicenda il loro passato.
Per Robin era una liberazione poter parlare di sé senza essere giudicata ed era certa che provava qualcosa di più per quel ragazzo che aveva conosciuto solo pochi giorni prima, ma che ormai pareva di conoscere da una vita.
Zoro invece aveva trovato un’amica nella sua padrona.
I loro incontri erano costantemente costellati da piacevoli chiacchierate e risate di gusto, mentre la farina dei biscotti sporcava i loro visi e il succo colava sui loro abiti. La svolta avvenne quando Zoro osò di più di quanto gli fosse concesso e avvicinandosi al volto di lei con la scusa che fosse sporca di crema, depositò un bacio sulle sue labbra.
Inorridita da quella mancanza di rispetto si alzò in piedi di scattò e con il dorso della mano stampò un rovescio sul volto di lui.
«Chi vi ha dato il permesso?».
Il suo sguardo dardeggiava infuriato, si era sentita violata dall’unico amico che si era fatta nella sua vita o forse era solo delusa per non aver fatto quella mossa lei, in tal caso preferiva insabbiare ciò che provava aggrappandosi alla scusa della violazione.
Con aria altezzosa voltò le spalle e se ne andò verso casa, lasciandolo solo sotto il suo faggio preferito con il libro che stavano leggendo ancora aperto sull’erba fresca.
Nessuno seppe mai di quello che era accaduto e tanto meno suo padre, che sprizzava gioia da tutti i pori quando la sera precedente al giorno della festa tornò a casa e cenò assieme a lei.
«Robin ti vedo silenziosa, c’è per caso qualcosa che non va di cui vorresti parlarmi?»
Alzò il viso dal piatto per guardare il padre, aveva gli occhi arrossati per aver pianto anche quel pomeriggio quando si era trovata da sola nella sua stanza.
«Niente padre, potete stare tranquillo».
L’uomo tornò a concentrarsi su un pezzo di tacchino che aveva nel piatto, trangugiando il vino corposo che lo accompagnava dopo averlo tagliato.
«Ho invitato Sanji, so che è interessato a te ed è anche un ottimo ragazzo».
Robin non rispose. Trangugiò a fatica un boccone che improvvisamente parve essere troppo grosso per essere deglutito, afferrò il calice e bevve un lungo sorso per riprendersi dalla fastidiosa sensazione che il cibo fermo in gola le aveva dato.
Posò il bicchiere sul tavolo troppo bruscamente e un po’ di liquido cremisi traboccò cadendo sulla tovaglia di lino bianca. Quel Sanji era un ottimo ragazzo per suo padre, era il figlio dell’uomo più ricco ed influente dell’intero paese ed era logico che avrebbe dovuto sposarla, il loro destino era segnato fin da quando erano venuti al mondo, con l’unica differenza che a Sanji quel destino non sarebbe dispiaciuto, ma solo l’idea di una vita con quel damerino le fece improvvisamente pesare tutto quello che aveva mangiato.
Sollevò il viso per guardare il padre.
«Sono davvero contenta».
Si pulì la bocca mantenendo sempre il sorriso e si alzò.
«Padre, se non vi dispiace dovrebbe essere arrivata la sarta per le prove finali dell’abito di domani».
L’uomo alzò una mano facendole cenno che poteva andare e con un inchino lei se ne andò.
Uscì dalla sala da pranzo e si appoggiò ad una delle colonne cercando di riprendere fiato, adirata per l’ennesima mossa del padre per rifilarle un partito di un elevato ceto sociale.
Tornò nella sua camera, l’unico porto sicuro in cui poteva rimanere a riflettere in solitudine, la sarta era già arrivata ed aveva appoggiato sul letto l’abito quasi completato. Le prove durarono a lungo nonostante il progetto fosse quasi del tutto ultimato, mancavano solo alcuni ornamenti per completarlo e quando ebbero finito Robin salutò la donna e decise di andare a dormire, nonostante fosse tremendamente presto.
Non riuscì a prendere sonno, i suoi pensieri vagavano senza remore arrivando sempre al giardiniere, quell’amico che aveva amato e che ancora amava, ma che avrebbe scatenato le ire del padre.
Si sentiva una stupida. Non si era mai fatto scrupolo di quello che gli altri pensavano ed ora era lei stessa che giudicava qualcun altro dalla sua posizione sociale. Prima di cedere all’abbraccio sicuro di Morfeo decise che il giorno successivo avrebbe chiarito con Zoro la loro situazione e finalmente si sarebbe dichiarata.
Il giorno dell’ambita festa giunse fin troppo presto, ma del ragazzo nemmeno l’ombra. Passò l’intera giornata passeggiando tra il padiglione cercando di scorgere la figura a cui ambiva, ma nulla!
Si ritirò nella stanza per indossare il vestito, mentre carrozze di ogni tipo giungevano nel giardino facendo scendere eleganti ragazzi e ragazze accompagnati dai paggi nell’elegante livrea delle loro famiglie; il legno lucido delle vettura brillava alla luce delle fiammelle delle torce che illuminavano il giardino. Quella di Sanji era nera con inserti oro, come la divisa della sua famiglia.
Robin si guardò allo specchio, finalmente pronta per scendere al piano di sotto dove tutti gli invitati erano ormai riuniti. L’ampio abito verde ricadeva morbidamente a terra tra numerosi pizzi rosa, mentre il corpetto stringeva il suo seno e il suo corpo con molti piccoli fiocchetti abbinati. Riavviò i capelli all’indietro facendo scorrere le dita tra la massa di boccoli bruni e dopo aver preso un ampio respiro uscì dalla stanza per avviarsi verso il vivo della festa.
I tacchi delle scarpette di raso rosa risuonavano secchi contro il marmo del pavimento mentre raggiungeva la scala principale. Sentiva la musica di violini e del pianoforte a coda salire fino al piano superiore mentre il vociare delle persone accompagnava quella melodia.
Iniziò la sua discesa e il rumore delle scarpe richiamò l’attenzione dei presenti che cessarono di parlare per ammirare il suo fascino splendente. Si aggrappò con una mano alla balaustra mentre l’altra alzava l’ampia gonna per non inciampare ad ogni gradino, si sentiva a disagio con gli occhi di tutti puntati addosso.
Quando anche l’ultimo gradino fu superato un fragoroso applauso proruppe dalla folla. Le sue guance divamparono sotto il leggero strato di trucco.
«Miei signori, vi presento mia figlia!» esordì il padre con un cenno della mano.
Sussurri di apprezzamento passarono di uomo in donna e la festa ebbe finalmente inizio.
La musica s’innalzò più forte di prima accompagnando il tintinnare dei bicchieri e dei piatti proveniente dal padiglione esterno dove era stata allestita un’ampia tavola dove ognuno poteva servirsi. Ogni angolo del giardino era illuminato dalle torce creando una sorta di crepuscolo perenne.
Sanji si avvicinò mentre prendeva della frutta da una grande bacinella.
«Lady Robin, qual piacere vedervi. Siete affascinante e splendente» si abbassò per afferrarle la mano e depositare un lieve bacio. Inorridì mentre subiva quel gesto, ma non si divincolò con aria sgarbata come avrebbe desiderato fare.
«Il piacere non è mio!» quella risposta gelida non parve sortire l’effetto desiderato anzi, il ragazzo continuò ad elogiare la sua bellezza con parole troppo smielate, complimentandosi con lei per quella risposta glaciale che a quanto pareva lo mandava in visibilio.
Se ne andò lasciandolo a parlare da solo, ignorando quei complimenti che riservava ad ogni fanciulla, infatti, pochi minuti dopo che l’aveva lasciato solo, Sanji si era avvicinato ad un’altra ragazza dai capelli ramati facendole la corte.
Sbuffò afferrando un bicchiere di vino e sorseggiandolo mentre stringeva le mani a chiunque incontrava sulla sua strada senza meta.
Si avvicinò all’esterno del padiglione desiderando di allontanarsi il più possibile da quella folla indomita di pedanti nobili; mentre si avviava verso l’interno della casa vide la chioma verde che aveva cercato tutto il giorno. Posò il bicchiere su un vassoio e si avvicinò a lui.
«Zoro!» chiamo il suo nome ed egli si voltò immediatamente, stupito di trovarsi davanti proprio lei.
Non riusciva a dire nient’altro, il cuore le batteva forte mentre lo guardava, quel bacio inaspettato che le aveva dato l’aveva lasciata senza parole e con una verità troppo forte da affrontare: si era innamorata.
«Mia signora, desiderate qualcosa?» porse il vassoio che aveva in mano, in quel momento il suo ruolo di giardiniere era stato sostituito da quello di cameriere.
«Lascia il vassoio e seguimi, devo parlarti».
Si allontanò di nuovo attraverso la folla sentendo la presenza del ragazzo alle sue spalle; uscì dalla parte opposta del padiglione per ritrovarsi nell’unica parte del giardino avvolta nelle tenebre. Si voltò per vedere se Zoro la stesse seguendo e quando si assicurò che la vedesse si avvicinò al faggio sotto il quale avevano passato gran parte delle giornate precedenti.
«Scusami per come mi sono comportato l’altro giorno. Non dovevo!» aveva cambiato il suo tono da informale a formale, quell’albero li faceva sentire più intimi che mai.
Robin si avvicinò a lui e posò l’indice sulle labbra intimandogli il silenzio.
«Sono io quella che ha sbagliato, non avevo il coraggio di ammettere a me stessa come stavano veramente le cose».
«Tu?» sgranò gli occhi.
Lei annuì. La risposta a quella domanda era: Sì, io ti amo, ma non pronunciò assolutamente nulla, quel cenno del capo era eloquente. Fu lei questa volta a posare le labbra su quelle di lui in quel bacio passionale.
«Non qui…» sussurrò a pochi centimetri dal suo viso e a ogni parola le sue labbra toccavano il viso di lei. Prese la sua mano e la accompagnò tra il buio di quella notte estiva fino alla dependance, dove la servitù alloggiava.
Era grande e dello stesso stile della casa di campagna.
Senza parlare la accompagnò nella sua stanza e chiusero la porta alle loro spalle.
Zoro fece scivolare le mani attorno alla sua mandibola afferrando quel viso di pregiata bellezza e la baciò con foga, le mani di lei percorrevano la sua schiena muscolosa aggrappandosi a quell’unico appiglio di salvezza che pareva darle l’ultimo residuo di lucidità. La prese tra le braccia e con delicatezza la posò sul letto.
Infilò le mani sotto gli strati di gonne sfiorando lentamente la pelle candida delle sue gambe e risalendo verso l’interno delle cosce facendola attraversare da un tremito di piacere.
Bramava ogni centimetro della sua pelle, desiderava baciarla tutta e scoprire quel corpo che aveva sempre osservato coperto da strati di seta e merletti.
Abilmente slegò i lacci che tenevano chiusa la gonna attorno alla vita, mentre lei faceva scorrere le mani sul suo petto liberandolo dalla camicia; si tirò a sedere aggrappandosi alle sue spalle e baciò il suo petto leccando la pelle bruna. Zoro chinò indietro la testa mordendosi il labbro inferiore e lasciandosi fuggire il suo nome tra i gemiti.
Afferrò i fianchi di lei saldamente e la fece sdraiare di nuovo slacciando le strisce di seta che assicuravano al corpetto la rigidità.
Baciò le labbra ancora sporche di carminio e scivolò lungo il suo mento leccando il percorso che aveva preso, chinò la faccia tra i suoi seni candidi dedicandosi ai capezzoli ormai inturgiditi, succhiandoli con bramosia, parendo quasi un neonato alla ricerca del proprio nutrimento.
In poco tempo levò gli ultimi residui di abiti che ancora li coprivano e scivolò dentro di lei facendola gemere e chiudere gli occhi dall’intenso piacere che la facevano quasi soffrire.
In quel momento non rimase a riflettere sul problema che aveva ormai perso la verginità, secondo le famiglie nobili era ancora importante che le donne non venissero deflorate prima del matrimonio.
Raggiunse l’apice dentro di lei con un roco respiro e si abbandonò di fianco a lei stremato mentre faceva scivolare tra le dita una ciocca di capelli neri.
«Zoro, non voglio lasciarti» mormorò quelle parole al suo orecchio mentre gli sfiorava il petto nudo.
«Nemmeno io, ma la nostra unione è impossibile».
«Non è impossibile a costo di venire ripudiata da mio padre».
La baciò per non farle dire altro.
«Non devi farlo. Tuo padre è l’unica certezza che hai, nonostante tu possa odiarlo devi rimanere con lui».
Annuì.
«Lascia almeno che passi la notte con te».
«Sei sicura?».
Annuì nuovamente.
Passarono la notte l’uno tra le braccia dell’altra, amandosi di nuovo e scambiandosi quella passione proibita.
Si svegliarono quando la porta della dependance sbatté contro il muro dell’ingresso.
«Robin!» la voce del padre risuonò grave nel vestibolo.
Aprì gli occhi guardando Zoro al suo fianco con occhi ricolmi di terrore; non ebbe tempo di vestirsi e uscire perché suo padre entrò nella stanza con tanto odio negli occhi.
«Puttana!» gridò quell’insulto contro la figlia che aprì la bocca come se uno schiaffo l’avesse colpita in pieno volto. Non ribatté, uscì dal letto e si vestì in fretta, ignorando i presenti uscì dalla stanza prima e dall’edificio poi.
Una volta all’aperto afferrò la gonna tra le mani e corse verso le stalle. Diede l’ordine perentorio che venisse sellato il suo cavallo preferito e gli salì in groppa.
Piangendo partì al galoppo verso la città.
Verso casa.

Edited by Akemichan - 17/9/2015, 21:43
 
Top
view post Posted on 9/10/2011, 20:15
Avatar

Member

Group:
Zoro x Robin
Posts:
965
Location:
Kostantiniyye, the crossroad of the world

Status:


Grande Sanji Si viva la ZoRobin! come tuo solito, la storia è scritta in modo superbo! Bravissimo, l'adoro! Complimetni ancora!
 
Top
LadyAliceRabbit
view post Posted on 25/6/2012, 18:56




Bellissima ff, ma deve esserci un continuo! u.u
 
Top
X Lilly Drake
view post Posted on 25/6/2012, 19:27




bellissima ed emozionante
 
Top
3 replies since 9/10/2011, 15:59   114 views
  Share